– Carla ciao! Com’è andata?
– Credo bene, è stato bello!
La nostra Carla è una persona delicata, di quelle che vorresti carezzarle piano la dolcezza. Ha gli occhi scuri e intensi di chi ha imparato ad arredare gli abissi. E diventano persino confortevoli, sorridenti.
Carla è, anche se non sa di essere, perché, a volte, si avvolge di punti interrogativi.Ed è lì che splende.
Abbiamo chiesto a lei di raccontarci l’incontro di sabato scorso quando, ospite di un centro che si occupa di maternità e famiglia, è stato presentato il suo libro.
Ci ha regaloto l’ennesimo groviglio di pensieri da stendere al sole, aspettando che il vento porti il profumo un po’ più in là.
Carla è capace di tirar fuori poesia anche dal “bucato”.
“All’Oblò, un centro di maternità e famiglia, si entra solo scalzi e in tempo di mascherine permanenti questo è un bel modo per dirsi e sentirsi ancora liberi.
Sabato 27 novembre siamo arrivati che ancora non c’era nessuno se non Silvia Paoli Tacchini, titolare del centro e organizzatrice dell’evento e la dottoressa Tiziana Bravi, psicologa e psicoterapeuta, che avrebbe parlato con me del “Piccolo inventario dei saluti”. Fuori era una tipica mattina di novembre, con le gocce di pioggia sui vetri e il freddo nelle ossa, ma lì dentro c’era calore e accoglienza. Anna, mia figlia di sette anni, ha tolto subito le scarpe ed è corsa nella sala già preparata per la presentazione. Il parquet per terra l’ha fatta divertire, scivolando avanti e indietro. Poi ha preso dalla piccola libreria un libro sul solletico e si è messa sul divano bianco a leggere. Durante la settimana, l’Oblò è anche asilo nido e ci sono tracce tenere della presenza dei bambini e delle bambine un po’ ovunque.
Io e la dottoressa Bravi ci siamo sistemate sul grosso tavolo di legno: borracce d’acqua, appunti, libri, sostegni che servono ad accompagnare piccole insicurezze. Abbiamo aspettato i primi arrivi chiacchierando. La sala ha cominciato a riempirsi dopo poco e il rumore dei passi era attutito dai calzini antiscivolo che molte indossavano. Il pubblico era composto quasi solo da donne, ad eccezione del compagno di una di loro e di mio marito. Erano presenti anche due ostetriche che si occupano di supporto durante l’allattamento – mi avrebbero detto poi che loro, di neo-genitori che non ce l’hanno fatta o che soffrono la paura di non potercela fare, ne vedono tanti. La dottoressa Bravi ha presentato il mio libro con parole pensate e precise che io ho ascoltato con attenzione, gratitudine e incredulità, come sempre ascolto chi parla del Piccolo inventario. Abbiamo parlato a lungo, più di quanto tutti avessimo previsto (siamo stati lì quasi due ore), in una sala che prima era in ombra , ma che ha accolto qualche raggio di sole via via che le parole si facevano più fitte e sentite.
Ogni volta che ho occasione di parlare di questo mio primo libro, mi rendo conto di essere felice e non perché io creda nel valore assoluto di quelle pagine (tutte le volte che rileggo, mi costringo ad un’autocritica spesso impietosa) ma perché trovo emozionante l’atmosfera intima e di condivisione che si crea sempre durante le presentazioni: sembra sempre esserci un filo sorretto da ogni donna o uomo che ha scelto di essere presente, qualcosa che unisce senza pesare, che lega senza costringere.
Molte hanno preso parola: è stato affermato il diritto di tutti a poter andare senza tornare, detto che Agata in alcuni casi è presente più che in altri e che si può scegliere di chiudere una porta alle proprie spalle senza doverla per forza riaprire. È stato sottolineato che ogni scelta richiede rispetto, comprensione e, soprattutto, abbattimento dei sensi di colpa di cui spesso sembriamo tutti costituiti. C’è stato chi ha pianto, in modo nascosto prima e senza imbarazzo poi, lasciando alle lacrime il compito di raccontare della sua personale montagna da scalare. Chi ancora ha raccontato del peso della sua relazione materna e di quanto questo abbia reso complicato e faticoso il diventare a sua volta madre di una figlia.
In tutto questo, il mio libro, come è giusto che sia, è diventato contenitore di altre storie, è andato oltre Agata, Nina o Lorenzo; si è fatto porto di nuove parole. Che è poi quello che io mi aspetto sempre dai libri che leggo: che sappiano diventare generatori di parole nuove, mai pronunciate, mai nominate.
È stato bello, intenso, emozionante; mi è stato detto così da chi c’era e io credo che sia vero. Il grazie è come sempre il mio per loro, che mi hanno ascoltato e dato fiducia, affidandomi parole preziose e importanti; per Silvia, che mi ha ospitato, vedendo nel “Piccolo inventario dei saluti” una possibilità; per Tiziana Bravi che ha trovato e proposto chiavi di lettura capaci di attrarre l’interesse su quello che di fragile e ferito vive in ognuno di noi.
Anna, alla fine di tutto, mi ha detto che le piace ascoltare quando parlo ma che ad un certo punto le è venuta fame ed è dovuta uscire col papà per andare a mangiare un biscotto alla marmellata.
“In verità due, mamma”.
Nel frattempo, aveva smesso di piovere”.
Carla Corsi
Qui le foto dell’incontro FOTO
Per leggere gratuitamente le prime 20 pagine, basta un click –> PICCOLO INVENTARIO DEI SALUTI